Il gruppo di ricerca guidato da Ulrich Pfeffer e Michela Croce, ricercatori dell'IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, ha testato l’azione di due farmaci immunoterapici, ipilimumab e nivolumab, associati a un farmaco che agisce sulla regolazione dell’espressione del DNA, la guadecitabina. Oltre ad aver ottenuto nei topi risultati incoraggianti il gruppo ha lavorato alla scoperta dei meccanismi che stanno alla base del successo di questa combinazione. Questi risultati anticipano quelli di uno studio clinico in corso in cui la stessa combinazione è messa alla prova su pazienti resistenti alla cura con la sola associazione dei due farmaci immunoterapici.

La frontiera dell'immunoterapia in oncologia
L'immunoterapia oncologica si propone di sfruttare le difese naturali del nostro organismo per far sì che riconoscano e si attivino contro i tumori. Uno degli approcci in fase di studio è l'immunoterapia con inibitori dei checkpoint immunitari, che si propone di agire sui freni che normalmente impediscono al sistema immunitario di attaccare le cellule sane del corpo, ma che sopiscono anche l'azione di contrasto alle cellule tumorali. Lo studio dei meccanismi che stanno alla base della risposta immunitaria contro i tumori sta cambiando gli orizzonti della lotta contro il cancro, rendendo possibile per la prima volta complete guarigioni in alcuni pazienti metastatici affetti da diverse neoplasie.

Nel caso del melanoma maligno, si è osservato negli studi clinici che la terapia con i due farmaci inibitori dei checkpoint immunitari ipilimumab e nivolumab ha portato a un aumento del 58% del numero dei pazienti sopravvissuti a 3 anni dalla diagnosi. Tuttavia il loro effetto si manifesta in solo circa un terzo dei pazienti, e tende a scemare nel tempo. Per migliorare l’efficacia di questo approccio il team di ricercatori del Policlinico ha combinato l'azione di entrambi i farmaci con quella della guadecitabina, che regola l'espressione del DNA andando ad influenzare le caratteristiche sia delle cellule del sistema immunitario che di quelle del tumore.

I risultati della ricerca
Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, ha prodotto solidi dati a supporto dell'approccio utilizzato: <<Abbiamo visto una forte riduzione della crescita dei tumori negli animali che hanno avuto la tripla combinazione ipilimumab, nivolumab e guadecitabina>> dichiara Ulrich Pfeffer, Responsabile dell'Unità di Regolazione dell'Espressione Genica presso l'IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e referente del gruppo di ricerca.

Inoltre ha individuato i meccanismi d'azione alla base del funzionamento di questo approccio: <<Abbiamo fatto una caratterizzazione piuttosto approfondita del microambiente tumorale sia nei topi che non ricevono la terapia che nei topi che ricevono la terapia, e quello che abbiamo visto è che la terapia cambia drasticamente la capacità delle cellule T (un tipo di cellule del sistema immunitario, ndr) di rispondere al tumore rispetto ad altre terapie>> dichiara Michela Croce, dirigente biologo dell'Unità Operativa di Bioterapie e collaboratrice del Dott. Pfeffer, che aggiunge: <<Nel microambiente tumorale una buona parte di attività la esplicano le cellule ad attività antitumorale, come le cellule T, però c’è sempre una popolazione che tende invece a favorire la crescita del tumore; si chiamano cellule immunosoppressorie. La guadecitabina ha un grosso effetto nel ridurre la presenza di queste cellule rendendo più libere le cellule T di affrontare il tumore e distruggerlo>>.

Sotto la guida della prof.ssa Anna Maria Di Giacomo e del prof. Michele Maio, oncologi dell'Azienda ospedaliero universitaria senese, è già in corso la prima sperimentazione sui pazienti. Spiega Pfeffer: <<In questo momento è in corso uno studio clinico che vede la combinazione di ipilimumab con nivolumab con il farmaco che stiamo studiando noi che è la guadecitabina. Noi facciamo l’esperimento sugli animali perché ovviamente ci consente di analizzare molto più approfonditamente il tumore e il sistema immunitario, cosa che nel paziente non possiamo fare>>.

Questa ricerca, così come gli studi clinici, fa parte di un progetto finanziato dal 5x1000 dell’AIRC, 'Epigenetica e immunoterapia unite nella sfida alle metastasi' che coinvolge gruppi di ricerca afferenti a diversi centri all'avanguardia nella ricerca oncologica. L'obiettivo del progetto, coordinato dal prof. Michele Maio, è approfondire i meccanismi biologici alla base dell’immunoterapia per migliorare la risposta dei pazienti tramite approcci innovativi come l'uso di farmaci epigenetici.