La Retinite Pigmentosa può comportare perdita della vista. Un progetto dell’Istituto Italiano di Tecnologia e dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino ha sviluppato una tecnologia rivoluzionaria e poco invasiva che permette ai ratti di riacquistare la capacità di vedere. La ricerca, recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, apre le prospettive di studio sull’uomo a partire già dal 2025.

Tornare a "riveder le stelle": non è fantascienza ma una possibilità concreta per le persone che perdono la vista a causa della Retinite Pigmentosa. A rivelarlo è uno studio, condotto dalla dott.ssa Simona Francia, del gruppo di ricerca del prof. Fabio Benfenati, dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino: la somministrazione oculare di una soluzione di nanoparticelle biocompatibili permette ai modelli sperimentali di riprendere a vedere. I risultati del progetto sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Communications. 
 
Nel mondo, sono cinque milioni e mezzo le diagnosi di Retinite Pigmentosa, un gruppo di malattie genetiche che causa degenerazione retinica: dalla progressiva perdita dei fotorecettori, le cellule che convertono i segnali luminosi in stimoli nervosi, fino alla totale cecità.
 
LO STUDIO
<<Da diversi anni studiamo le potenzialità di nanoparticelle polimeriche costituite da minuscole catene di molecole di carbonio, l’elemento alla base delle sostanze che compongono il nostro corpo – spiega Fabio Benfenati, coordinatore dello studio – e nel 2020 avevamo ottenuto i primi successi dopo averle iniettate nella retina di roditori affetti da Retinite Pigmentosa portatori di una mutazione spontanea alla base anche della patologia umana.
I risultati ottenuti dall’ultimo progetto hanno dimostrato che la strategia è vincente anche per le fasi più avanzate della malattia, quando cioè la retina non è più in grado di inviare le informazioni visive al cervello>>.
 
<<Il nostro recente studio è un'ulteriore importante tappa verso la terapia di patologie come la Retinite pigmentosa e la degenerazione maculare legata all'età - afferma Simona Francia, prima autrice del lavoro - Non solo queste nanoparticelle si distribuiscono ad ampie aree retiniche permettendo di guadagnare un ampio campo visivo, ma in virtù delle loro piccole dimensioni sono in grado di assicurare un recupero dell'acuità visiva. Inoltre, l’iniezione delle nanoparticelle permette non solo di registrare segnali elettrici dalla corteccia visiva che sembrava essersi spenta ma anche di formare memorie visive, come dimostrato dai test comportamentali>>.
 
La ricerca, portata avanti in collaborazione con il prof. Guglielmo Lanzani dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano e la dott.ssa Grazia Pertile dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, permetterà di fare grandi passi avanti rispetto alle tecnologie finora disponibili e gli studi clinici potrebbero partire già nel 2025. 
 
Simona Francia ha ricevuto oggi il premio della Fondazione Roche per il progetto ReVISION per poter proseguire gli studi sulla retina artificiale liquida con un progetto traslazionale, i cui risultati scientifici potranno porre le basi per futuri studi clinici su persone colpite da degenerazione retinica. 
 
<<Sono entusiasta che la tecnologia di retina artificiale liquida sia stata premiata col progetto ReVISION. L’idea innovativa di questo progetto è di poter indirizzare le nanoparticelle organiche fotovoltaiche verso specifiche popolazioni di neuroni retinici, permettendo un’attivazione più fisiologica della retina al fine di assicurare una visione ad alta risoluzione>> conclude Fabio Benfenati.
 
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