Le persone colpite da scompenso cardiaco possono andare incontro a ricoveri ripetuti nel tempo. Uno studio genovese coordinato dal Policlinico San Martino ha identificato i pazienti con un più alto rischio di reospedalizzazione, fattore associato ad una ridotta sopravvivenza. "I risultati hanno evidenziato l'importanza della ricerca nel perfezionamento dell'assistenza sanitaria e nel miglioramento dei servizi offerti dal Sistema Sanitario Nazionale e Regionale, caratteristica inclusa nella mission del Policlinico in quanto Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico - osserva Marco Canepa, cardiologo presso l’Ospedale Policlinico San Martino, professore associato dell’Università degli Studi di Genova e coordinatore dello studio - Ottimizzare la gestione dei pazienti e delle risorse, evitando ricoveri ripetuti va a favore delle persone con scompenso cardiaco, dei loro cari e di tutti noi".

A causa del progressivo invecchiamento della popolazione, lo scompenso cardiaco, provocato dall'incapacità del cuore di contrarsi e di garantire il giusto apporto di sangue agli organi, rappresenta la patologia cardiovascolare più diagnosticata e il primo motivo di ricovero nei paesi occidentali.

La persona dimessa può andare incontro a ripetute ospedalizzazione e ogni nuovo ricovero determina una riduzione della sua capacità funzionale, peggiorandone la prognosi. Inoltre, alcune persone più di altre vanno incontro a ospedalizzazioni ripetute: sono i cosiddetti "frequent flyer", ovvero quei pazienti che entrano ed escono dall'ospedale in periodi di tempo anche molto ravvicinati.
Oggi la riduzione delle reospedalizzazioni per scompenso cardiaco è un parametro fondamentale per valutare l’efficacia di nuovi interventi terapeutici e un obiettivo primario della politica sanitaria, per l'impatto significativo che esse hanno sui costi della sanità pubblica.

Lo studio
Una ricerca, coordinata dall'IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, con il contributo del Dipartimento di Economia dell'Università degli Studi di Genova e dell'Azienda Ligure Sanitaria (ALISA) e pubblicata sulla rivista International Journal of Cardiology, ha analizzato la frequenza e le caratteristiche delle reospedalizzazioni e quanto queste incidano sulla sopravvivenza nei pazienti liguri con scompenso cardiaco.
Il progetto ha esaminato più di 207 mila ricoveri registrati tra gennaio 2013 e dicembre 2017 di 35.316 pazienti con età media di 82 anni e di cui il 45% con due ulteriori malattie associate, le cosiddette comorbidità, oltre allo scompenso cardiaco.

<<I risultati dello studio hanno dimostrato che oltre la metà delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, il 52%, è determinata da solo un quarto dei pazienti, che sono ricoverati più di 8 volte in 5 anni - spiega Marco Canepa, cardiologo presso l'Ospedale Policlinico San Martino, professore associato dell’Università degli Studi di Genova e coordinatore dello studio - Questi pazienti sono più anziani, più frequentemente di sesso maschile, con un più basso livello di educazione scolastica e un maggior numero di comorbidità. Inoltre, tra i "frequent flyer" si registra un numero di decessi 3 volte superiore rispetto a quello dei pazienti senza ricoveri ripetuti.
Le implicazioni cliniche e di politica sanitaria associate a questi risultati sono evidenti. In una società con un'età media che continua ad aumentare, specie in Liguria, è fondamentale implementare strategie efficaci per la gestione di patologie croniche ed invalidanti come lo scompenso cardiaco - prosegue - In particolare, una maggiore integrazione tra ospedale e territorio, focalizzata su popolazioni più fragili come quella dei "frequent flyer" con scompenso cardiaco identificati in questo studio, appare fondamentale al fine di migliorare la cura di questi pazienti ed ottimizzare la gestione delle risorse del nostro sistema sanitario.
Il tema è di interesse per tutta la comunità; evitare ospedalizzazioni ripetute a favore di una maggiore e migliore assistenza sul territorio non solo va a beneficio di questi pazienti e delle loro famiglie, ma di tutti noi. Per esempio, ridurre il numero di accessi di questi pazienti nei pronti soccorsi della nostra regione favorirebbe una più ottimale cura delle patologie acute della quale ognuno potrebbe necessitare - conclude Canepa - Ancora, una riduzione dei ricoveri ripetuti di questi pazienti permetterebbe di avere a disposizione un maggior numero di posti letto per la cura di altre patologie complesse che necessitano spesso di ospedalizzazione, come quelle oncologiche>>.