Diventare mamma si può, anche dopo un tumore al seno collegato alla mutazione BRCA, la stessa che ha spinto Angelina Jolie a sottoporsi ad un intervento preventivo di mastectomia bilaterale. Lo studio internazionale, coordinato dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, ha dimostrato che intraprendere una gravidanza al termine delle cure non incide, infatti, sul rischio di ricomparsa della neoplasia e non causa complicanze o malformazioni fetali, nonostante la pregressa esposizione materna alle terapie oncologiche. I risultati sono stati pubblicati oggi sulla prestigiosa rivista JAMA e presentati in contemporanea durante il congresso mondiale sul tumore al seno “San Antonio Breast Cancer Symposium”
Per quanto tempo proseguire la terapia ormonale con letrozolo, un inibitore dell’enzima aromatasi, dopo essere state operate per un tumore al seno positivo ai recettori per gli estrogeni? Finora non si avevano risposte certe, ma grazie all’analisi genetica potrebbe essere possibile personalizzare la durata del trattamento, minimizzando i rischi degli effetti collaterali e ottimizzando i benefici. Lo suggerisce una ricerca multicentrica coordinata dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, finanziata dal Ministero della Salute e pubblicata su Clinical Cancer Research, una prestigiosa rivista dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro
Il Ministero della Salute cofinanzia con 15 milioni di euro il progetto PerfeTTO, per la creazione di una Rete italiana di centri di trasferimento tecnologico in ambito Life Science, dal valore complessivo di 30 milioni di euro, grazie al programma "Ecosistema Innovativo della Salute" del Piano Nazionale per gli investimenti Complementari (PNC) al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Mettere insieme le caratteristiche genetiche, immunitarie, microbiologiche con dati clinici derivanti dal follow-up dei pazienti per trovare nuovi indicatori predittivi e approcci terapeutici contro il carcinoma del colon-retto. L'ha fatto uno studio internazionale guidato da Sidra Medicine (Qatar) al quale hanno partecipato Gabriele Zoppoli e Alberto Ballestrero dell'IRCCS Ospedale Policlinico San Martino. I risultati hanno valso la pubblicazione sulla prestigiosa rivista "Nature Medicine". A partire dai dati raccolti i ricercatori hanno messo a punto un indicatore, 'mICRoScore', che identifica un gruppo di pazienti con un decorso clinico particolarmente favorevole. Due fattori chiave compongono l'indicatore: la risposta immunitaria interna al tumore e la composizione della flora intestinale. Sembrano infatti esserci dei batteri, primo tra tutti Ruminococcus bromii, associati ad un miglior decorso clinico. Questa scoperta apre alla prospettiva di terapie adiuvanti anti-cancro che agiscono sul microbioma per aumentare le chances di successo del trattamento terapeutico.
L'utilizzo della PET cerebrale consente di individuare precocemente le tracce relative alle complicanze più frequenti e più gravi della terapia oncologica di frontiera CAR-T, la sindrome da rilascio di citochine e la neurotossicità CAR-T correlata. L'esame può essere svolto aggiungendo solo 5 minuti di acquisizione alla PET total body, che è già nella routine per questi pazienti oncologici. L'obiettivo è rendere più sicuro questo trattamento altamente innovativo, ad oggi rivolto ai malati di linfoma ma le cui applicazioni si stanno espandendo. Il risultato è frutto della sinergia tra i reparti di Ematologia e Terapie Cellulari, Medicina Nucleare e Clinica Neurologica dell'IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, centro di riferimento in Liguria per la somministrazione della terapia. A guidare lo studio la prof.ssa Silvia Morbelli e il dott. Emanuele Angelucci. I risultati sono stati pubblicati sul "Journal of Neuroimaging".
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